LITERARY AND SCHOLARLY CORRESPONDENCE
A speranza da me sul principio concepita di potere alla piu’ lunga dopo due ordinari pienamente soddisfare a due dubbi, che Vostra Signoria Illustrissima si e’ degnata di propormi, ha fatto sic he abbia fino a questo tempo tardato in rispondere alla di lei pregiatissima de’ 22 dello scaduto Aprile. Bramando ella una risposta dicisiva non volli fidarmi di me, e pensai di comunicare i due quesiti anche all’eminentissimo Castelli, che sapevo aver nell’anno prossimo passato diligentemente esaminato queste materie in occasione delle conferenze morali di cari, che vi fanno nel collegio ecclesiastico, a cui egli e’ solito di previedere. La disgrazia porto’, che non gli potei parlare io non dopo alcuni giorni, giacché era al quanto indisposto. Quando poi egli ebbe esaminato i quesiti, stimo’ di farli discutere dalla congregazione di Propaganda; onde li rimise a Monsignore Borgia segretario della medesima. Mi lusingo che presto si avra’ l’ultima decisiva risposta. Tanto piu’ che sollecitero’ il suddetto Monsignore, con cui ho qualche servitu’. Frattanto l’esporro’ il sentimento mio, e di quelli co’ quali ho conferito i due proposti dubbi. In ordine al primo, che riguarda la determinazione di alcuni confessori fra gli approvati per l’uso delle facolta’ dal Pontefice concedute, oltre la pratica di Roma, abbiamo l’esempio di Santo Carlo. Conciosiacche questi nel 1576 destino alcuni nominatamente, ne volle comunicarle a tutti a tutti i confessorida se approvati, come apparisce dagli stati della chiesa di Milano part. VII. pag. 942. edit Lugun, ove in ordine et Instructione pro sancto Jubileo consequendo, si legge: „Norint omnes , quod expressè habet Suæ Sanctitatis Bulla , ut cui peccata deponunt ex iis sit, qui speciatim ad hoc ab Illustrissimo Domino Archiepiscopo pro Jubileo in Ecclesiis quibusdam infra describendis designatus fuerit.” Ma né la pratica di Roma, né l’esempio di S. Carlo bastano a provare che le parole della Bolla d’estensione del Giubileo alias approbatis ab ordinario, debbano intendersi degli approvati ad Jubileum, o pro tempore Jubilei. Non la pratica di Roma perché nella Bolla, o editto con cui si danno le facolta’, non si concedono a tutti i confessori alias approbatis. Non l’esempio di S. Carlo, perché non c’e’ nota l’espressione usata da Gregorio XIII. nella Bolla a Milano diretta, anzi v’e’ motivo di credere, che in essa si esprimesse, non a tutti concedersi l’uso della suddetta facolta’. Al qual proposito convien’ anche osservare, che le parole, le quali aiutano nelle Bolle o editti per Roma approbatus ad annum, non si riferiscono ad una speciale approvazione per il decorso dell’anno santo, ma si usano per contradistinguere le diverse sorti di approvazione, che si danno, parocché alcuni si approvano unicamente ad sex menses, altri ad novem, e altri ad annum. Onde sotto di nome confessori approvati ad annum s’intendono tutti quelli, che hanno ottenuta la patente ad annum, quale dopo l’ultimo esame, che si ricerca per essere approvato. Non puo’ tuttavia negarsi, che un vescovo non abbia diritto nel pubblicare per la sua Diocesi la Bolla d’estensiva del Giubileo di destinare solamente alcuni degli approvati alias da se per l’uso della facolta’ dal Pontefice accordata. Imperocché il Papa non pretende di legare le mani a’ Vescovo con quella sua clausula (...). Anzi se il vescovo ha motivo ragionevoli, e fondati di creden, che taluno non sia per prevalersi delle facolta conceduto dal papa, come dispensator fedele, deve impedire gl’inconvenienti, che seguirebbero, accordandosene a tutti indistintinamente i confermi approvati l’esercizio. Cio’ facendo si uniformera’ alla regola che danno i Papi stessi in roma, ed a quella che diede Gregorio XIII a S. Carlo. Anzi il P. Coller nel suo trattato sul Giubileo Tom. II. cap. VI. num. 22. pag. 281. e’ di parere che le parole della Bolla approbatis: debbano intendersi colla clausula ad hoc e sostiene poter il vescovo determinare un certo numero de confessori, e proibire agli altri di far uso delle particolari facolta’ dalla Santa Sede concedute. Prima del Coller il Pignatelli nell’opera pubblicata su l’Anno Santo Jub. XXV. pag. 424 seq. avea insegnato poter il vescovo in tempo del Giubileo proibire ad alcuni de’ gia’ approvati di udire le confessioni, qualora essi non fossero atti ad esercitare decentemente il proprio uffizio. Questo si puo’ dire sentimento comune, ed e’ fondato sopra il diritto, che uffizio. Questo si puo’ dire sentimento comune, ed e’ fondato sopra il diritto, che a’ Vescovi per la natura conviene nel punto di approvare i ministri del sagramento della penitenza. Rapporto al secondo quesito pregai il Signore Francesco Klimo degno Nipote di cotesto degnissimo suo Monsignore Vescovo a scriverle, che si compiacesse di mandarle le parole del Decreto per extensum, giacché non si e’ capito bene la forza di quella parte che riguarda la sospensione delle facolta’ e Indulti. Per quello concerne S. Carlo, egli si limito’ alla sospensione delle Indulgenze, e forse in vigore della Bolla (...). Operetta da me in questo soggetto composta non meritava gli elegi, che ella ne fa, ed io scrivo a pura clemenza e degnazione di cotesto suo Monsignore Vescovo l’idea di farla tradurre. La traduzione poi, essendo stata affidata ad un soggetto di tanto merito, quale alla e’, non (...) riuscire migliore dell’orignale e della ottimamente si e’ regolata in fare le mutazioni accennatemi. Gradiro’ di vederne un esemplare, ed io la mandero’ una copia della dissertazione, che presto stampero’ in occasione della tesi de Romani Pontifici auctoritate, che saranno difese da un signore alunno di questo collegio. (...)
Minerva Ospizio Roma 29. Maggio 1776 |
Készült az MTA BTK "Lendület" Kutatócsoport keretében: Nyugat-magyarországi irodalom 1770–1820
Edited and published in the project "Lendület/Dynamism" Research Group of Research Centre for Humanities of Hungarian Academy of Sciences: Western Hungarian Literature 1770–1820